Figlio dell'Aurora (Eos), re d'Oriente, Memnone sfidò Achille nell'ultimo anno della Guerra di Troia. E trovo l'eternità nel canto dei Colossi che portano il suo nome...
- A cura di Andrea Contorni -
Per raccontare la triste vicenda di Memnone, devo prima accennare con celerità a quella del padre che si chiamava Titone. Questi era figlio di Laomedonte, quinto re di Troia, e di Strimo. La coppia regale di figli ne ebbe dodici (sei maschi e sei femmine) tra cui il celebre Priamo, l'ultimo sovrano troiano prima della distruzione della città per mano degli Achei di Agamennone e Menelao. Titone è protagonista di un mito a parte. Era un uomo talmente bello che Eos (Aurora), la dea dell'alba, lo rapì per portarlo in Etiopia. I due si sposarono ed ebbero due figli, Memnone ed Emazione. Sembrava andare tutto bene fino a quando l'innamorata Eos, terrorizzata dalla prospettiva di perdere Titone che era mortale, ebbe la geniale idea di chiedere a Zeus di renderlo immortale dimenticandosi di aggiungere per lui anche l'eterna giovinezza. Titone sconfisse la morte ma non la vecchiaia. Divenne una sorta di mummia, vivo ma incapace di muoversi dal suo giaciglio. La sua voce stridula era talmente fastidiosa che Eos lo tramutò in una cicala. Il rumoroso insetto che contraddistingue col suo verso i giorni d'estate nacque così.
Nel frattempo, la dea dell'alba aveva cresciuto Emazione e Memnone, entrambi con la pelle scura. Fin da infanti avevano accompagnato la madre a bordo della biga trainata dai cavalli Faetonte e Lampo, nel suo compito mattutino di aprire le porte al sole nascente. In pratica la loro abbronzatura era diventata perenne. Una volta grandi, fu provveduto a metterli a capo di due floridi regni. Memnone da Susa regnava sull'Oriente, Emazione sull'Etiopia. Ma mentre il primo era un uomo giusto e leale, il secondo era brutale e crudele, talmente efferato da incorrere nelle ire di Eracle che lo eliminò senza remore. L'eroe delle dodici fatiche consegnò poi i domini del defunto re al fratello Memnone che si ritrovò a governare un regno sterminato.
In quel tempo infuriava la Guerra di Troia. Morto Ettore, Priamo decise di chiamare in soccorso il nipote Memnone, suo alleato. Questi rispose con entusiasmo al richiamo del sangue familiare. Partì alla volta della città assediata con un esercito dai numeri impressionanti tra etiopi, susiani, indiani e assiri. Si presentò a Troia indossando un'armatura forgiata dalle mani di Efesto e la spavalderia tipica di un giovane semidio. E fu così che in un'alba immobile, quando la guerra di Troia sembrava ormai consumata, giunse da Oriente un eroe splendente. Figlio dell'Aurora (Eos) e del principe troiano Titone, si chiamava Memnone e da subito si distinse sul campo di battaglia. Uccise tantissimi Achei arrivando a ferire anche il potente Aiace Telamonio. Inseguì il carro dell'anziano Nestore, eliminando dapprima il cavallo e poi il cocchiere. Perirono anche Terone ed Ereuto scudieri di Nestore che a un passo dalla morte, invocò l'aiuto del figlio Antiloco. Questi riuscì a far fuggire il padre prima di beccarsi il giavellotto di Memnone in pieno petto. L'eroe etiope permise tuttavia ai suoi soldati di oltraggiare il corpo del giovane acheo. Il gesto indispettì Achille che scese in campo per recuperare il cadavere di Anticolo.
Il poeta greco Quinto Smirneo nel poema "Posthomerica" riporta il presunto commento sprezzante di Memnone rivolto ad Achille: "Oggi, spero che sia tu a morire, venga il tuo destino oscuro, sotto la mia lancia. Tu da questa mischia non sfuggirai vivo! Sciocco, perché hai sterminato crudelmente i Troiani, dichiarandoti il più potente degli uomini? Poiché ti vanti di essere l'immortale figlio di una Nereide?"
In realtà Achille, tranne per il tallone, immortale lo era davvero. Le minacce di Memnone appaiono pertanto parole al vento. Il figlio dell'Aurora duellò con il Pelide. Si dimostrò un guerriero indomabile. Scalfì la pelle di Achille grazie alle armi di Efesto ma quando subentrò la stanchezza dovette soccombere. Fu trafitto e poi Achille gli mozzò la testa. Il potente esercito orientale, perso il suo condottiero, si ritirò segnando il destino di Troia. Ma la leggenda di Memnone non finì sotto le mura della città di Priamo.
In Egitto nella Necropoli di Tebe, lungo le rive del Nilo, furono eretti circa 3400 anni fa, due gigantesche statue gemelle del faraone Amenhotep III a guardia del Tempio di Milioni di Anni dello stesso faraone. Dopo la conquista macedone, le due sculture erose dal tempo e danneggiate dall'incuria cambiarono nome nei Colossi di Memnone per iniziativa degli storici greci. Perché l'eroe etiope fu associato a due manufatti dell'antico Egitto? Si racconta che all'alba di ogni giorno, dalla statua di destra emanasse un lungo e sinistro lamento. Era consuetudine degli antichi spiegare i fenomeni naturali con il mito. La coincidenza dello strano rumore ad ogni sorgere dell'aurora, fece pensare al pianto eterno di Eos per la tragica fine del figlio o a una sorta di saluto che l'eroe etiope rivolgeva alla madre. Dalle lagrime della dea infatti sarebbe nata anche la rugiada. Invito a leggere questo mio articolo dettagliato sui Colossi di Memnone se volete approfondire l'argomento.
Tornando a Memnone, siamo dinanzi a uno dei miti più poetici e sentiti dell'intero patrimonio culturale greco-romano. Quando il cielo si tinge dei colori dell'alba, è come se l'Aurora cercasse ancora il volto perduto dell'amato figlio. Memnone non fu solo un eroe caduto in battaglia ma il simbolo di un eroismo diverso, lontano da quello degli altri eroi omerici. E per secoli, unico tra tutti, il suo ricordo fu alimentato dalla brezza mattutina e da un suono che attraverso la roccia, caratterizzava ogni Aurora... il canto di una madre disperata per la morte dell'amato figlio.
- "La Grande Storia. L'impero egizio", autori vari. National Geographic.
- "Testo Atlante di Storia Antica", Sebastiano Crinò. Soc. Editrice Dante Alighieri.
- "I Colossi di Memnone in Egitto, le statue gemelle del faraone Amenhotep III", articolo di Andrea Contorni su "Il Sapere Storico".
- "Gli dèi e gli eroi della Grecia", Kàroly Kerényi. Il Saggiatore (2015).